- Ciao Stefano, come nasce l’idea di questa serie con protagonista un ragazzo che lavora in fumetteria (ma che vorrebbe fare tutt’altro?)
- Però prima le avevi pubblicate con un’autoproduzione…
Sì, prima avevo fatto un’autoproduzione, che ho consegnato direttamente alla SaldaPress durante una Lucca Comics.…
- E appunto sono piaciute!
Sì, è durata comunque un po’ la cosa, perché abbiamo ragionato assieme per diverso tempo, poi per fortuna è partita! Adesso speriamo che vada bene, io sono contento!
- Come mai hai suddiviso la pubblicazione in stagioni? Per una tua comodità personale?
Quello è stato un po’ fisiologico perché io lavoravo ancora nel negozio di fumetti. Per la prima stagione avevo già quattro o cinque storie dell'autoproduzione e quindi, contemporaneamente al lavoro in negozio, sono riuscito a realizzare l'episodio che mancava per coprire un anno di pubblicazione, rielaborando gli episodi precedenti, aggiungendo i grigi, eccetera. Però il grosso del materiale c’era, mentre tutta la seconda stagione andava fatta da zero. Ho avuto bisogno di recuperare un po’ di tempo per riuscire a stare al passo, tutto lì.
In realtà la suddivisione in stagioni aiuta anche a ragionare sugli eventi, il primo arco aveva come tema il sogno di Volt e doveva presentare tutto quello che era il “cast” principale. Invece nella seconda c'è un pò più una “storia dietro le quinte”. Appare un personaggio che si sta aggirando attorno a Volt e quindi faccio un altro tipo di presentazione alla “minaccia” che arriverà. Mi piacerebbe che venisse percepito il legame fra i vari episodi che, nonostante abbiano una storia individuale, compongono un arco, una storia orizzontale e una verticale. La stagione ci aiuta in questo senso, perché è un po’ come siamo abituati adesso con Netflix, dove la stagione ha un ciclo di avvenimenti che si aprono e chiudono ogni volta. Però è anche vero che porta delle difficoltà, perché hai solo sei numeri a disposizione, e in questi sei numeri devono accadere le cose.
- Per la figura della madre, ti sei ispirato alla tua, o alle madri in generale?
- Per la figura della madre, ti sei ispirato alla tua, o alle madri in generale?
Con la mamma c’è una storia particolare, nel senso che si gioca con lo stereotipo tipico di un po’ tutte le mamme. Ci sono delle caratteristiche comuni che è divertente esasperare proprio perché chiunque può ritrovarci almeno qualcosina. Ovviamente ho anche lì un’esperienza diretta come figlio, però mia madre non è stata così tirannica come la dipingo! Comunque per la “dark mother” ho sentimenti completamente d’amore, è un personaggio a cui tengo molto e ci tenevo a mostrarla anche nella seconda stagione.
- E per il personaggio di Rex?
Anche lui ha una base reale ed è un personaggio che effettivamente mi sono ritrovato in negozio. Come nulla fosse entrava e inizia a farti battute personali come se fossimo amici da una vita o a criticare i fumetti in vendita in mezzo a tutti, ma a furia di sopportarlo ci ho fatto anche amicizia, adesso è uno dei miei amici. Come per tutti i personaggi però, anche se prendo una base viene chiaramente esagerata diventando un'entità a sè.
- Un’altra tua particolarità è che non rappresenti le persone normalmente ma li dipingi come robot, animali, frutti, personaggi pop vari, come mai questa scelta?
All’inizio ho cercato un avatar per me stesso che non fosse la mia faccia, di cui non interessava niente a nessuno. Ho creato questo robottino perché sono affezionato al mondo dei mecha degli anni ’80 e ai mecha in particolare, così ho pensato di rappresentarmi in maniera simile. Poi mi è venuto in mente il gioco di parole nel titolo e all’inizio ero indeciso se creare tutti i personaggi come mecha. C’erano anche un mecha-T-Rex, un mecha Panda... pensavo di usare tutti i personaggi in versione robotica, ma poi ho pensato fosse meglio un mondo astratto. Così viene percepita anche l’alienazione del cliente che non capisci, che non comprendi, che è diverso da te. E quindi rappresentare queste sue caratteristiche magari in un modo “grafico”, è carino! Ad esempio le “pere” sono molto semplici, hanno poche linee nella caratterizzazione. Perché? Perché sono persone semplici! Arrivano davanti alla porta, non capiscono che è chiuso, e insistono! E questa semplicità viene trasmessa anche nell’espressione, nella fisicità del corpo. Il T-Rex è molto più elaborato, ha la camicia hawayana, ha il ciuffo, tutte cose che lo caratterizzano, perché lui è UNICO, è particolare. Anche il Panda è particolare, ha le cicatrici…
- E “Palla Otto”?
Anche lui è una persona in realtà molto semplice, è un personaggio che ha un suo carattere, ma è abbastanza passivo, è simpatico! A volte gioco su questa cosa delle espressioni che non ci sono, perché “Palla Otto” non ha una faccia. E a me piace perché in fondo non ne ha bisogno perché esprime quello che deve esprimere con il corpo, con quello che dice. E' un gioco che faccio con i lettori che per adesso mi sembra funzionare, quindi mi fa piacere.
- Ultima cosa, i tuoi progetti futuri, che presumo siano prima di tutto finire la seconda stagione di Volt…
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