Stasera continuamo con le interviste fatte al Be Comics con gli "autori" Maicol & Mirco!
- Partiamo dalla fine, parlami degli Arcanoidi. Come nasce quest’opera?
Allora tutta la narrazione generale nostra è cercare di raccontare il più possibile con il meno possibile, e all’interno di questa nostra poetica gli Arcanoidi è proprio il vertice: riuscire a raccontare la storia senza l’ausilio di braccia, gambe, quindi personaggi che siano semplicemente macchie di colore o forme. La storia nasce forse da quello che è il gioco di quando eravamo bambini, cioè di avere dei personaggi che magari non hanno nessun tipo di relazione fra di loro, appoggiati in realtà su un tavolino, perché poi nella storia anche l’orizzonte rimanda semplicemente ad un tavolo. E come tutte le storie da bambini come inizia? Che ci sono delle cose che magari non hanno nessuna relazione fra di loro. E ad un certo punto per iniziare la storia qualcosa deve succedere, e infatti l’introduzione dice: tutto va bene ma non preoccupatevi che ad un certo punto qualcosa di brutto succede, perché succede sempre, e in qualche modo quello è l’inizio di una storia. Una storia parte sempre da qualcosa di brutto, non nell’accezione di terrificante, ma qualcosa che scateni l’ordine. Questo è un tavolino ordinato con dei giocattoli buttati in modo disordinato dove ad un certo punto succede una storia che capovolge tutto quanto, e come tutte le avventure finiscono tutti i personaggi giù per terra. E’ come se avessi giocato con la mia cesta dei giocattoli a 40 anni!
- Fra l’altro anch’io avevo una cesta dei giocattoli!
Magari giocavi con la macchinina e il Masters, e c’avevi un Bravestarr senza una gamba e mischiavi tutto, e tutto immediatamente aveva un ordine, nel disordine. Questo è il modo di raccontare. Poi la storia in realtà è un giallo: il protagonista indaga su una serie di omicidi insensatissimi, una catena di omicidi che decima il già piccolissimo popolo Arcanoide. Altri punti fermi sono che mi interessa che succeda qualcosa anche quando non succede proprio niente, c’è sempre un movente, fatto di pause e di azione immediata.
- Quindi stai andando verso un minimalismo assoluto nel linguaggio del fumetto?
Si, sto andando e tornando! Un minimalismo non solo estetico ma anche formale, sia nella forma che nel contenuto.
- Un po’ alla Mondrian?
Esattamente! Mondrian, Kandinskij, il Costruttivismo russo, ma anche Dubuffet o Paul Klee..
- Te l’avranno chiesto centinaia di volte, da dove nasce il nome “Maicol & Mirco”?
E comunque le risposte sono tutte sbagliate! In realtà all’inizio eravamo proprio un duo, uno scriveva e uno disegnava, ma tanti anni fa, poi dopo è rimasto il nome d’arte quando sono rimasto solo. Però non sono mai stato legato al mio nome personale, mi fa sentire più sicuro essere in “due”, divide le colpe e raddoppia gli onori! Poi nei nostri fumetti c’è sempre l’alter-ego: nell’attualità una cosa viene raccontata tramite l’opposto o il suo sosia. Quindi ho cominciato a giocare anche a livello di meta-fumetto in cui questa cosa viene narrata non solo nelle storie ma anche nel nome. Divertendoci: anche il nome dell’autore fa parte della storia!
- Mentre questo fumetto che vedo qui? Hanchi Pinchi e Panchi?
Questo è uscito nel 2009, è un storia breve, 120 pagine. Parla di tre sorelline e quattro fratellini.
- Avevi un altro stile qui?
Come stile gioca con lo stile per ragazzine, un po’ giapponese, però in realtà è per tutti. Però quello che è noto è che piacciono tanto anche ai bambini. Ho fatto anche un libro per bambini per la Bao, si chiama “Palla rossa e palla blu”. Tutti mi chiedevano “chissà quali messaggi satanici hai infilato dentro!” Invece è proprio l’opposto, ho sembra fatto storie per bambini, anche quando faccio storie per adulti per me prima devono essere prima lette da un bambino: se la capisce un bambino lo può capire anche un adulto, ma non perché un bambino è più stupido ma perché il bambino è più intelligente. A volte l’inghippo lo metto quando faccio le storie per adulti, per far contenti gli adulti che sono più imbecilli mi tocca metterci qualche parolaccia. La storia principalmente ha la stessa struttura, la stessa semplicità di linguaggio, poi le sfumature le capiscono i bambini: il bambino capisce la struttura, non gliene frega niente se tu sei famoso, se hai followers, se sei alla moda, se la storia funziona funziona!
- Come ti è venuto in mente di fare un libro così enorme (960 pagine!) come Il Papà di Dio?
E' l’unico libro che non riuscivo ad autoprodurmi, prima i primi libri dei “Scarabocchi” li avevo tutti autoprodutti, infatti è stato anche quello un motivo per cui ho cercato un editore. E’ una storia sul tempo, quindi anche tutto quel volume di pause, di pagine bianche, è fatto in modo che riesco a gestire il tempo, farlo in meno non avrei potuto giocare con quel fattore lì. Ci sono dei momenti in cui sfogli veloce, momenti in cui vai piano.
- Quindi hai messo il fattore tempo nelle pagine!
Quello è un cartone animato dove il tempo lo gestisce il lettore. Si può leggere in 10 minuti in piedi, c’è gente che ci ha messo 3-4 giorni. C’è la possibilità di usare il tempo e il tempo lo decide poi il tipo di lettore.
- Hai già in mente altri progetti dopo questo?
Adesso uscirà la raccolta di tutti gli “scarabocchi”, cronologicamente. Quest’anno uscirà il primo volume, con la Bao. E da lì semestralmente raccogliamo gli “Scarabocchi” in volumi.
Mi è sempre piaciuto il lavoro di Maicol & Mirco e non mi farò scappare Gli Arcanoidi!
RispondiEliminaCiao, a presto
Ciao e grazie! :)
EliminaLa teoria della cesta dei giocattoli è davvero curiosa. Io odiavo la cesta dei giocattoli: tutto i miei giocattoli dovevano essere ordinati :D.
RispondiEliminaEh io invece avevo un caos tipo quello di M&M :D Anche i miei Lego erano tutti mischiati..cosa che oggi non farei mai!
EliminaMa pensa te, sono uno solo :D Comunque anche io avevo la cesta incasinata ;)
RispondiEliminaMi sa che era una cosa abbastanza comune! :)
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